Come rilevato da risalente giurisprudenza, nell’ambito del rapporto di pubblico impiego, la retribuibilità delle prestazioni di lavoro straordinario è condizionata all’esistenza di una formale e preventiva autorizzazione allo svolgimento di tali prestazioni di lavoro eccedenti l’orario d’ufficio: detta autorizzazione svolge una pluralità di funzioni, tutte riferibili alla concreta attuazione dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento cui, ai sensi dell’articolo 97 Costituzione, deve essere improntata l’azione della pubblica amministrazione. In generale, infatti, la preventiva autorizzazione implica la
verifica in concreto delle ragioni di pubblico interesse che rendono necessario il ricorso a prestazioni lavorative eccedenti l’orario normale di lavoro e rappresenta lo strumento per evitare che, attraverso incontrollate erogazioni di somme di danaro per prestazioni di lavoro straordinario, si possano superare i limiti di spesa fissati dalle previsioni di bilancio con grave nocumento dell’equilibrio finanziario dei conti pubblici. Per altro verso, la normativa intende escludere che i pubblici dipendenti siano assoggettati a prestazioni lavorative che, eccedendo quelle ordinarie, individuate come punto di equilibrio fra le esigenze dell’amministrazione e i rispetto delle condizioni psico-fisiche del dipendente, possano creare per l’impiegato nocumento alla sua salute ed alla sua dignità di persona. Sotto ulteriore profilo, la formale preventiva autorizzazione al lavoro straordinario deve costituire, per l’amministrazione, anche lo strumento per la valutazione delle concrete esigenze delle proprie strutture quanto al loro concreto funzionamento, alla loro effettiva capacità di perseguire i compiti assegnati ed espletare le funzioni attribuite dalla legge, nonché all’organizzazione delle risorse umane ed alla loro adeguatezza, onde evitare che il sistematico ed indiscriminato ricorso alle prestazioni straordinarie costituisca elemento di programmazione dell’ordinario lavoro. Deve anche aggiungersi, non da ultimo, che come peraltro già accennato, la preventiva autorizzazione costituisce assunzione di responsabilità, gestionale e contabile, per il dirigente che la emette, al fine di rispettare i ristretti limiti finanziari entro cui è consentito liquidare siffatto genere di prestazioni attesa anche la sopra evidenziata loro eccezionalità. La giurisprudenza ha affermato, a volte, che il principio della indispensabilità della previa autorizzazione allo svolgimento del lavoro straordinario subisce eccezione quando l’attività sia svolta per obbligo d’ufficio (al riguardo si parla di autorizzazione implicita), ma, nel rispetto dei principi costituzionali sopra ricordati, ha ribadito che deve pur sempre trattarsi di esigenze indifferibili ed urgenti e che, in ogni caso, è sempre necessaria una successiva autorizzazione, sia pure ex post. Sulla scorta di tali consolidati principi l’appello in esame non può trovare favorevole considerazione risultando in punto di fatto che le prestazioni di lavoro straordinario di cui l’interessata chiede il pagamento non sono mai state autorizzate, né in via preventiva, come di norma dovrebbe avvenire, né successivamente, in via di sanatoria, come pure è ammesso in casi eccezionali, dal titolare amministrativo dell’ente che ne abbia assunto anche la relativa responsabilità contabile con imputazione della relativa spesa. Non può ritenersi a tal fine utile la circostanza che le prestazioni svolte siano state rese in esecuzione di appositi turni di servizio o tabulati, atteso che, atti di tale genere, come rilevato dalla giurisprudenza della Sezione, non possono automaticamente valere, anche sotto il ripetuto profilo della compatibilità finanziaria, come provvedimenti autorizzatori allo svolgimento di lavoro oltre l’orario d’obbligo essendo comunque necessaria una formale autorizzazione postuma a sanatoria del responsabile amministrativo dell’ente (da ultimo, Cons. Stato, Sez. III, 15 febbraio 2012, n. 783; VI, 9 novembre 2010, n.8626). Né appare ammissibile in appello la singolare richiesta istruttoria al fine di poter “accertare l’effettiva utilità pubblica delle ore di lavoro straordinario effettuate…”, ed anche il deposito di ulteriori nuovi documenti non prodotti nel giudizio di primo grado tanto più che i nuovi documenti, consistenti sempre in tabulati, ordini di servizio o altro, quindi irrilevanti per i motivi sopra evidenziati, era conoscibili dall’interessata usando la ordinaria diligenza già in primo grado (Cons. Stato, Sez. VI, n.265 del 20 gennaio 2009).